tutto il peggio dell’amore

silloge



1. amari ricordi

percorrendo per vie nuove

in opposti sensi la vita 
s’incrociarono gli sguardi
sorpresi lungo la strada

taci perfida memoria

che poesie soavi m’urlasti 
e che ancora nella mente
echi potenti gridano
la malinconia feroce 
che graffia come un artiglio
ossa e pelle del mio petto
in gola spegne la voce

mentre l’ombra tua s’univa

un istante solo alla mia 
come fosse la tua carne 
io ne sentii lieve il calore

come se fosse il tuo cuore

ne provai antico l’amore
come fosse la tua anima
ne assaggiai amaro il dolore
ma proseguirono i passi
e le ombre s’allungarono
in reciproco anelito
e tu pian piano sparisti

e nei miei ricordi ancora
ferite sanguinavano
come lacrime d’un pianto
in stazione per un addio 


2. matematicamente parlando
mi coglie forte il desiderio
d’un irrisolvibile equazione
in un sistema improduttivo
e d’uscir fuori del binario
– logaritmico rapporto –
di vite colte all’improvviso
da insani aneliti puerili
quando vidi otto occhi
– che ancora non sapevo –
brillare nelle tue pupille
quando testardo contavo
tutte comunque uguale a sei
le nostre individualità
– discontinue rette spezzate –
in frammentate linearità
solitudine affollata di numeri
in azioni/reazioni esponenziali
follia all’ennesima potenza
nel sistema funzionale
la speranza infantile
nella ricerca disequazionale
sull’appannata parete liscia
dello specchio che ci riflette
algoritmi scritti da un solo dito
faticosamente s’arrampicano
– l’applicazione non risponde –



3. +/- e=mc2
corre dritto l’amore
a velocità costante
e superando gli spazi
ne dilata il tempo
essenza luminosa
d’un orologio atomico
che distorce il visibile
d’un’inconscia analisi
come fotone impazzito
scandisce battiti di tempo
in isteriche scansioni
dei moti del cuore
e sempre t’accorgi
– in ritardo distratto –
che il bene che porge
ha un acre sapore
4. sjalousi
nel giardino arido di stoppie
vani tentativi floreali seccano
papaveri sfogliano al vento
e girasoli color della polvere
son curvi col viso nella terra
rossi e maturi frutti di delirio
sul grande albero dell’ira
stanno a goder – pare irreale –
dell’aria greve carica di odio
nel giardino nebbia plumbea
immobile con le spalle all’albero
sotto falde di un nero cilindro
due occhi corvini spalancati
in un viso inebetito e pesto
il collo immerso nelle spalle
e il bavero del cappotto scuro
nasconde imbarazzo e pazzia
nelle gote scarlatte di furore
che cresce nell’impotenza
di voltarsi e vedere…
VEDERE!
sotto la medesima pianta
oltre il fusto e i frutti a terra
due figure strette e avvinte
nel cinico abbraccio
di un crudele inganno



5. la fine di un viaggio

era a dicembre una sera
che sul quel treno salimmo 
per rincorrere la vita
che stupìti ci guardammo
sulla parete bagnata 
dello stesso finestrino

ho molto amato la notte 
che sul quel vetro limpido 
bianca m’offriva la luce  
del tuo viso e i sentimenti 
che l’albeggiar come i sogni  
poi dissolse all’improvviso



6. via
complici nell’incapacità
di guardarci ancora negli occhi
nell’atto – ormai consueto –
di volgere altrove lo sguardo
nei corpi che si respingono
come cariche identiche
dello stesso rancore
nei baci ipocriti
nelle carezze ruvide
nella voglia di fuggire
respirare aria e vomitare odio
nel silenzio delle parole
– non t’amo più –
7. amore è odio
non c’è amore nel perdono
il rancore lo impedisce
l’inerzia della rabbia
impazzisce il cuore
e la mente è sopita
in un oblio di dolore
l’amore – quello vero –
è odio che non perdona
8. tempo perso
scrivo poesie perché è facile
perché scrivere
giustifica i sentimenti
colma la solitudine
combatte i dubbi sfoga la rabbia
scrivo poesie perché penso a te
e ogni pensiero lega con l’altro
formando versi che rigo dopo rigo
leggo e rileggo nel desiderio di te
scrivo poesie perché è stupido
perché anch’io lo sono
e stoltamente me ne compiaccio
fuggire la realtà
chiudere la mente e il cuore
alla razionalità
scrivo poesie perché un raggio di sole
ha sempre la sua nuvola che passa
l’oscura e toglie calore
quella brezza carezzevole
ora sferza il viso con mano gelida
scrivo poesie perché ti amo
perché ti odio
perché ci sei tu
o forse perché non ci sei più
scrivo poesie a tempo perso
9. amore gravitazionale
il fattore k dei nostri figli
moltiplica
la differenza tra me e te
– enti della stessa formula –
inversamente proporzionale
al quadrato della distanza
che gradualmente aumenta
– nell’incognita del tempo –
indirettamente proporzionale
l’ossimoro della gravità
con la sua leggerezza
scema anche il dolore
10. io & kitty
sul balcone io e la mia gatta
guardiamo il paesaggio
davanti a noi
colline paesi città
sparsi disordinatamente
lungo l’orizzonte mentre
il disco di tiepida luce
ormai di un rosarancio tenue
muove le ultime silenziose ombre
di un malinconico crepuscolo
la mia gatta si gira
mi guarda distrattamente
anch’io faccio lo stesso
poi torna a fissare il mondo
anch’io
la mia gatta però
guarda più lontano di me
io ho davanti agli occhi
il tuo viso
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